Con l’appuntamento di questo mese affrontiamo l’esperienza cinematografica che più ci è stata invidiata nel resto del mondo e che va sotto il nome di Neorealismo.

Cinecittà era stata chiusa e smantellata nel luglio del 1943, attrezzature e macchinari portati in Germania. Poco prima della disfatta si erano avuti i primi segnali di una svolta morale e ideologica ma anche nelle tematiche legate ai film che potevano essere prodotti sotto il regime. La stagione dei cosiddetti “telefoni bianchi ”, commedie leggere che strizzavano l’occhio al cinema hollywoodiano (registi di spicco furono: Mattioli, Camerini, Matarazzo, Blasetti), e le pellicole di evidente ispirazione fascista lasciavano il posto a produzioni che si avvicinavano di più a una sorta di realismo e quotidianità mai viste prima. Sono gli inizi di grandi registi e sceneggiatori che faranno la storia d’eccellenza del cinema italiano.

Le prime due pellicole che vi proponiamo seguono questo filone pre-neorealista, mentre con Roma città aperta abbiamo la consacrazione del genere, legittimato dalla fine della guerra e dalla libertà espressiva e di sperimentazione che il nuovo momento storico porta con sé.


“La realtà è là perché manipolarla?” Roberto Rossellini


I bambini ci guardano di Vittorio De Sica, 1943

Il soggetto del film è tratto dal romanzo Pricò di Cesare Giulio Viola, del 1929. Attraverso gli occhi di un bambino, Pricò, viviamo l’esperienza dell’abbandono e della crisi famigliare. La conoscenza del reale è rappresenta senza filtri buonisti, in una società piccolo borghese che ha perso ormai i suoi punti di riferimento. Nasce il sodalizio creativo fra Zavattini e De Sica e, più in generale, il concetto di lavoro collettivo tra regista e sceneggiatore.

Quattro passi tra le nuvole di Alessandro Blasetti, 1942

Paolo e Maria si incontrano in treno, lei torna al suo paese natale mentre lui è in viaggio di lavoro. Tra i due nasce una commovente intesa perché la giovane è incinta di un uomo di cui si fidava ma che l’ha abbandonata. Paolo, mosso a pietà dalla triste storia di Maria, sotto insistenza della giovane, decide di aiutarla a rientrare dai genitori fingendosi suo marito. Film ispirato anche grazie all’incontro di Blasetti con Zavattini che porta con sé le nuove istanze di rinnovamento morale e ideologico. Famoso il remake americano del 1995, Il profumo del mosto selvatico.


Roma città aperta di Roberto Rossellini, 1945

La storia è nota o, sarebbe meglio dire, le storie di gente comune contenute in questi 99 minuti di stupore, di immagini ed emozioni in una Roma in preda al caos e alla miseria quotidiana di una città in guerra. La pellicola fu girata con pochi mezzi e ancor meno soldi, ma con la precisa volontà di mostrare una realtà autentica quasi documentaristica ma di tragica umanità. In un unico film sono condensate le migliori firme della cinematografia italiana: da Sergio Amidei, soggettista e sceneggiatore, con il contributo di Federico Fellini, lo stesso Rossellini e attori come Anna Magnani e Aldo Fabrizi. Da questo film in poi il cinema non sarà più lo stesso.

In conclusione, citando dal sito sottoindicato, “Le soluzioni narrative e stilistiche del neorealismo ebbero grande influenza sul cinema moderno internazionale che sarebbe sorto di lì a poco. Le riprese in esterni con doppiaggio in studio, l’amalgama fra attori professionisti e no, le trame fondate sulla casualità, le ellissi, i finali aperti, le microazioni e l’alternanza esasperata di diversi toni drammatici sono tutte strategie che sarebbero state sviluppate nei quarant’anni successivi da autori di tutto il mondo.”

La pellicola fa parte nella filmografia di Rossellini della “Trilogia della guerra antifascista”, insieme a Paisà del 1946 e a Germania anno zero, del 1947.

Citazioni tratte da:

Altri testi di riferimento:

  • Cent’anni di cinema italiano / Gian Piero Brunetta Roma \etc.! : Laterza, 1995, vol.1 e 2.
  • Il Morandini 2009. Dizionario dei film / L. L. M. Morandini

Visioni. Neorealismo: la grande stagione italiana